La Pieve di San Giorgio a Vigoleno (PC)

                                      Itinerari sulla Via Francigena nel tratto piacentino

                                                           (Marisa Uberti) 

                               

“Colui che non sarà rinato dall’acqua

e per mezzo dello Spirito Santo

non entrerà nel regno dei cieli” [1]

 

Dopo aver lasciato Vernasca, con la sua antica pieve ridotta ormai ad affascinante rudere, raggiungiamo la frazione di Vigoleno, un borgo riconosciuto come uno dei più Belli d’Italia. Infatti, con il suo castello e l’impianto medievale, sembra quasi appartenere ad un sogno.

 

              

                                         Ingresso al borgo fortificato di Vigoleno

            

                                                        La piazza di Vigoleno

 

Il paese era sede di un hospitale per i pellegrini medievali, e si trova accoccolato sul crinale che divide la Valle dell’ Ongina da quella dello Stirone, della quale si può godere uno splendido panorama passeggiando sulle mura merlate che circondano ancora l’intero borgo. Del castello rimane l’imponente e simbolica torre, che caratterizza l’abitato, il quale ha i suoi essenziali ma interessantissimi punti di riferimento che si accentrano sulla piazza principale: la fontana, lo storico cannone e l’oratorio della Madonna delle Grazie (foto sopra), nota anche come Madonna del Latte, per via di un dipinto conservato all’interno. Nel Medioevo era la sede –con un convento- dell’ospizio per i pellegrini. La località si trova infatti sul tracciato piacentino della Via Francigena, nella variante della via di crinale (Passo del Pelizzone), alternativo a quello che parte da Fiorenzuola d'Arda, passava dal borgo fortificato di Vernasca e da qui a Vigoleno, ed era molto vantaggioso per chi proveniva dall’abbazia di Chiaravalle alla Colomba di Alseno, che ricoprì certamente un ruolo di primo piano nel pellegrinaggio medievale piacentino.

 

Ma il vero gioiello del villaggio è la Pieve romanica di San Giorgio, che è a pochi passi dalla piazzetta. Bella, misteriosa, carica di simbolismi è certamente pane per i nostri denti (inoltre abbiamo la fortuna di trovarla integra!).  L’edificio è menzionato  in due documenti del 1223 e 1284 ma non si hanno certezze in merito alla sua committenza. Più tardi, nel 1296, è attestata essere alle dipendenze della Pieve di Castell’Arquato, per diventare pieve autonoma nel 1346.

E’ considerata una delle costruzioni romaniche più importanti della provincia di Piacenza, e a ragione. Tuttavia solo a metà del XX secolo è stata riportata alle sue forme originarie, avendo subito (a partire dal XVII secolo) numerosi interventi di rimaneggiamento, contraddistinti dall'aggiunta del pronao, della cappella esterna e della copertura a volte delle navate, opere poi eliminate.

 

             

                                              La pieve romanica di San Giorgio

 

L’esterno è caratterizzato da un impianto basilicale a tre navate, cui corrispondono altrettante absidi (una centrale e due laterali); la torre campanaria, massiccia e a base quadrata, è impostata sull’estrema campata a sud. Generalmente l’abside è la parte più antica di un edificio romanico, che si cominciava a realizzare proprio da questo apparato. Andiamo dunque a vedere cosa ci riserva. Se si alza lo sguardo verso la galleria dell’abside centrale, si possono scoprire –nonostante l’altezza (ma una buona zoommata aiuterà!) due figure umane addossate alle colonnine (o esse stesse statue-colonne), centralmente: lassù alto, i costruttori anonimi hanno affidato loro il compito di vegliare eternamente sulla costruzione, così ci piace pensare. Altri motivi geometrici arricchiscono la zona absidale.

 

                                            Caratteristica dell'abside

 

Portiamo ora davanti alla facciata, tripartita e preceduta da un sagrato delimitato da due bassi parapetti, a destra e a sinistra. Ad una certa distanza noteremo la mole di pietra, costituita da conci squadrati e il piccolo oculo sul frontone, unica fonte di luce da questo punto cardinale. Avvicinandoci scopriremo il portale, a pieno centro, con una bella strombatura. Due enigmatici telamoni accovacciati sembrano reggere l’architrave su cui poggia la bellissima lunetta (con quadruplice ghiera) che ospita il santo titolare: Giorgio, il prode cavaliere, nell’atto di uccidere il famigerato drago, sotto di lui, mentre una figura angelica è scolpita orizzontalmente dietro la schiena dell’armigero (forse a ricordare come la figura di San Giorgio sia andata a sostituire progressivamente, in ambito cristiano, quella dell'arcangelo Michele, considerato più "pagano").

 

              

 

I telamoni hanno volti assai espressivi; ai loro lati degli eleganti capitelli fogliati sormontano le colonne ai lati del portale, nella più pura arte romanica.

La facciata si conclude lateralmente con due contrafforti di dimensioni diverse; così come è diversa la distanza dei pilastri all’interno, in modo tale che le campate hanno una differente planimetria, specie nelle navate laterali. “La perfezione appartiene solo a Dio”, era questa l’etica dei costruttori, che si concedevano qualche “sbaglio voluto”, ma alla fine certamente avente un senso.

 

             

 

L’interno della pieve ci fa sprofondare nei nostri amati “mondi paralleli”: siamo sempre nel nostro tempo, ma ci sintonizziamo al contempo con l’epoca in cui qui dentro risuonavano colpi di mazza e scalpello, venendo rapiti dalla dimensione del “sacro”, e dalle forme bizzarre e simboliche che troneggiano un po’ ovunque, in particolare sui capitelli e sulle colonne. La prima che si incontra, sulla sinistra, ci regala subito un importante elemento: uno stupendo “Fiore della Vita”, a sei petali, intercalati da altrettante sferette. Attorno, una cornice particolarmente elaborata e curata, indice che chiunque abbia eseguito questo lavoro, vi ha dedicato tempo e cura. Ma chi, appunto, lasciò questo segno, che abbiamo trovato con una certa frequenza in contesti legati ai Cavalieri Templari? Non è da scartare che sia loro, visto che nel piacentino erano documentatamente e abbondantemente presenti. 

 

               

                                         La palma                                           Il Fiore della Vita

 

Ma proseguiamo a scoprire gli altri interessanti segni incisi su questa stessa colonna che, essendo vicina al portale d’ingresso, riceve più luce (se è aperto) ed è meglio visibile delle altre. Poco sotto il Fiore della Vita si leggono alcune lettere in carattere onciale, inquadrettate in una cornice dal tratto sottile. A sinistra del Fiore della Vita si nota un bel “Fleur de lys”, un Giglio di Francia sdraiato. Come mai è in questa posizione e non è verticale? Al di sopra, una formella reca uno stemma nobiliare.

 

             

                                            Il fleur de lys sdraiato e lo stemma

 

Alzando ancora lo sguardo si incontra il magnifico capitello della massiccia colonna, in cui spicca l’immagine di una palma (che identificava i pellegrini gerosolimitani). Vale la pena di soffermarsi ad osservare questo capitello, perché saprà rivelare ulteriori dettagli.

All’altezza della terza colonna è necessario sostare ulteriormente: il capitello è ritenuto il più interessante e mostra la scena ufficialmente interpretata come il peccato di lussuria, con una sirena bicaudata che occupa una buona porzione del capitello stesso. In realtà sappiamo ormai bene il significato di questi “esseri” dalla duplice natura, senza bisogno di ricordarlo ancora una volta.  Sotto la sirena, sulla colonna direttamente, si trova una formella che ritrae tre misteriosi personaggi, forse allusione alla Trinità? Le figure si tengono per mano e hanno tutte una cintura annodata in vita.

 

Le tre enigmatiche figure nella formella e, sopra, il capitello con la simbolica sirena

 

A poco a poco scopriremo che la pieve è uno scrigno di simbologie a noi care ma anche mai viste prima, come il personaggio che si copre gli occhi (o gli vengono coperti) da un enigmatico avversario  (le sculture sono adiacenti alla sirena, sullo stesso capitello).

 

                                

 

Sulle pareti della navata sinistra si possono ammirare lacerti di affreschi medievali , tra i quali una “Madonna del Latte”, mentre su una colonna spicca l'intenso volto di San Benedetto,  identificato da un’iscrizione accompagnata da una data “1427 19 iulii” (verosimile momento di esecuzione dell’opera).

 

                                  

 

Giunti in fondo alla navata, si nota un particolare pilastro che separa l’abside centrale da quella laterale sinistra: ne fa parte strutturale una sorta di tabernacolo in pietra scolpita. Due delfini (più che delfini, come vengono descritti, somigliano più a degli allegorici mostri marini con le fauci aperte) che uniscono le loro code sono situati sulla sommità e il manufatto è ricco di particolari: colonnine tortili ai lati, il piccolo architrave con putti alati, rosette, ecc. Sul piedistallo vi è uno stemma che è riconducibile alla casata degli Scotti.  L’indizio è interessante perché la famiglia divenne proprietaria del castello di Vigoleno nel 1389 e feudataria dal 1404. Gli studiosi ritengono che il manufatto potrebbe celebrare proprio la loro venuta nel borgo e, forse, l’avvio di lavori di ristrutturazione nella pieve. In ogni caso, dato che il tabernacolo è parte integrante del pilastro, che è una struttura portante del tempio, doveva rivestire una valenza speciale. In precedenza, il borgo di Vigoleno appartenne ai Visconti di Piacenza (un ramo della famiglia unì al proprio nome quello del luogo (i Visconti di Vigoleno).

L’abside centrale presenta l’affresco di San Giorgio che uccide il drago per liberare la principessa (anche questa è un’ allegoria alchemica, descritta molte volte in precedenti articoli), ma la scena, a differenza del consueto, si svolge in un ambiente interno delimitato da un’architettura. Il santo indossa una giubba crociata ed è provvisto di scudo con una vistosa croce rossa. La lancia, spezzata, è a terra, accanto al drago mentre nella mano del santo c’è una spada con la quale sta per scoccare il colpo mortale.

 

             

Feritoie, soffitto, epigrafi, capitelli, guardate tutto, non vogliamo condizionare la sensibilità di ognuno, né il piacere della scoperta. Tuttavia prima di lasciare la chiesa, se ancora non l’avrete fatto, alzate un poco gli occhi al di sopra del portale e magicamente una croce patente rosso vermiglio si illuminerà per voi, che uscirete da qui- al pari nostro- con fatica.

 

            

 

 

  • Nella galleria fotografica sottostante potrete trovare altre immagini della pieve, tutte dell'autrice dell'articolo.

 

 

Note:

[1] E' scritto sopra il Battistero della Pieve

Galleria foto: Pieve Vigoleno

Argomento: Pieve romanica di San Giorgio a Vigoleno (PC)

Pievi e borghi

Patrizia | 21.04.2015

Meravigliosa! Grazie, andrò a vederla insieme al borghi.

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