Retroscena di una storia: il Moai di Vitorchiano (VT)

                                            (racconto di Luca Centoni)
 
Nota del webmaster (19 settembre 2018): diversi anni fa (nel Gennaio del 2011), pubblicammo un articolo dedicato alla scultura nota come Moai di Vitorchiano, splendida località nella Tuscia viterbese. A distanza di tempo (circa un mese addietro, dal momento in cui scriviamo) abbiamo ricevuto una lettera da parte del regista Luca Centoni, il quale ci ha informato che esistono dei retroscena nell'ideazione e progettazione della statua, fatti che non vengono mai citati e che lo vedono protagonista. Dato che il nostro sito lavora sempre con imparzialità e se non scrive certe cose è perchè non le conosce oppure non sono pertinenti alla nostra ricerca, allora ignoravamo completamente la faccenda. Dal momento che però il dr. Centoni ce l'ha voluta raccontare e non ha nulla in contrario, anzi, che essa venga pubblicata, riteniamo giusto restituire "a Cesare ciò che è di Cesare", sapendo che comunque -per quanto ci riguarda - il Moai va apprezzato per ciò che rappresenta. Suggeriamo a coloro che non sapessero di cosa stiamo parlando, la lettura del nostro articolo dedicato al Moai di Vitorchiano (gennaio 2011).
 
  • Come si arrivò alla realizzazione del Moai di Vitorchiano?
Parla Luca Centoni

"Nel Dicembre del 1988 mi trovavo sull’ Isola di Rapa Nui  per la realizzazione di una serie TV intitolata “Dimensione Oceano”. Avevo appena incontrato il mio amico archeologo Phd Thor Heyerdahl (quello del Kon-Tiki e del Ra I e Ra II) mentre scavava alla tomba di Sipàn nel Perù settentrionale. Heyerdahl è stato uno dei massimi esperti mondiali dell’ Isola di Pasqua e del diffusionismo migratorio dei popoli antichi. Quindi - seguendo la traccia del suo libro “Aku-Aku il Mistero dell’ Isola di Pasqua” -  mi recai per la prima volta sull’ Isola. Lì incontrai la famiglia Atan, di cui si parlava nel libro. I suoi membri erano e sono i diretti discendenti genetici delle cosiddette “Orecchie lunghe”, i costruttori delle statue (i Moai, n.d.w.), di pelle bianca, talvolta con capelli rossi e la cui origine (secondo Heyerdahl) è da ricercarsi nell’ America centrale e meridionale (popolo dei Viracocha). Le “Orecchie corte” (gli altri abitanti dell’ isola) invece sono di evidente origine Polinesiana e Maori. Al mio addio (pensavo definitivo) all’ aeroporto di Hanga Roa, uno dei membri della famiglia Atan, Salvador Atan Paoa Kon-Tiki, mi disse: "Tu tornerai qui in pochi mesi!". Io lo guardai perplesso e gli dissi: "Non credo proprio, Salvador, questo è Te Pito o Te Henua (l’ombelico del mondo) e ci devi venire appositamente vista la distanza dal resto dei paesi!" Lui mi guardò senza battere ciglio e mi disse nuovamente la stessa cosa.

Al mio ritorno in Italia, la serie TV co-prodotta insieme ad un’ azienda milanese, incontrò dei seri problemi finanziari, quindi per via del fallimento di quella stessa azienda, tutto l’ editing restò incompiuto. La proprietà delle immagini rimase mia, tuttavia. Decisi di contattare Mino Damato e il suo programma TV “Alla Ricerca dell’ Arca” per piazzare tutto il girato (eravamo nel 1989). Mino, che non avevo mai visto prima, mi ricevette per parlare, mentre nell’ altra stanza c’era Peter Falk (il noto tenente Colombo) che aveva fatto aspettare un paio di minuti, visto che con me Damato avrebbe fatto prestissimo. E così fu, poichè non era interessato alla cosa ma io non mi detti per vinto e attesi che terminasse il suo colloquio con Falk. A quel punto (era l’ora di pranzo) Mino mi propose di pranzare insieme e accettai con piacere. Lui senza mezzi termini mi disse che molta gente quotidianamente gli presentava immagini e quindi, a meno che avessi qualcosa di originale, non poteva accogliere ogni proposta. Gli raccontai dell'Isola di Pasqua e della famiglia Atan, la quale avrebbe voluto scolpire un Moai autentico in Europa… Avevano pensato alla Germania. Lui mi guardò colpito e mi disse: "Sei libero al momento?", io gli risposi di si e domandai perchè. Mi fissò e mi disse senza esitazione: "Da ora tu lavori con me per il programma e domani prendi il primo aereo e torni giù all’ isola; dici agli indigeni che li facciamo venire qui in Italia a costruire la statua a spese della Rai". A quel punto, quasi incredulo, mi apprestai a fare quello che Mino Damato mi aveva chiesto e quindi partii, era l’estate del 1989. Al mio arrivo trovai Salvador sogghignante che mi disse: "Te l’avevo detto che saresti tornato in pochi mesi!". Da quel giorno seppi poi che alcuni membri della famiglia Atan sono un po’ magici e comunque veggenti. Ripartii per l’ Italia pochi giorni dopo, insieme al capo famiglia (tuttora vivente), Juan Atan Paoa. Doveva cercare una pietra simile a quella vulcanica dell’ Isola. Allora Damato incaricò il CNR di localizzare una località vicino a Roma che avesse quelle caratteristiche geologiche. Fu designata dapprima la zona di Civita Castellana, ma poi la pietra si rivelò rossastra e troppo morbida, quindi Juan Atan la scartò. Risultò invece adeguata la Cava Anselmi di Vitorchiano, che fu scelta senza esitazione alcuna. Tutta la macchina Rai si mise in moto e io ero il loro uomo di collegamento con i Pasquensi. Juan Atan restò diverse settimane a casa mia a Livorno e a Quercianella Sonnino. Poi, nel Gennaio 1990, facemmo arrivare a Vitorchiano una trentina di isolani, quasi tutti della famiglia Atan. Vennero alloggiati a Vitorchiano dal sindaco del paese, presso una struttura, durante tutta la costruzione del Moai. Non avevano voluto soldi dalla Rai, ma avevano chiesto di poter incontrare Papa Giovanni Paolo II come contropartita. La statua prese forma piuttosto rapidamente e a metà della lavorazione ci fu un episodio alquanto singolare. La regia della Rai pretendeva di sollevarla da terra con un cavo metallico che però, secondo i Pasquensi, non era sufficientemente robusto. Perciò chiesero di legarne il collo con una corda molto spessa, mentre il cavo metallico fu comunque usato per issare la statua. Quella sera di sabato, in prime time e in diretta TV, appena due minuti prima della messa in onda, il cavo metallico si spezzò e la corda voluta dai Pasquensi salvò la statua dalla distruzione totale. Andò in onda ruotando (per via di quello che era appena accaduto), con la musica in un tempismo perfetto, come se fosse stato voluto. Niente di più falso, andò bene solo grazie ai Rapa Nui people. Vista la temperatura esterna di quel periodo (-2 gradi centigradi), quasi nudi, conseguentemente presero tutti un bel malanno. In compenso il programma TV ebbe la più alta share di ascolti della sua storia.  Damato però non rispettò l’ accordo-promessa del pontefice. Perciò io detti le dimissioni per protesta e me ne tornai a casa mia, a Livorno.

Seppi poche ore dopo che gli scultori, per solidarietà con me, avevano incrociato le braccia e si rifiutavano di continuare la costruzione del Moai. Dalla Rai mi chiesero di tornare, ma io dissi che lo avrei fatto solo alle mie condizioni. Chiamai, tramite un caro amico, l’allora vescovo di Livorno, monsignor Ablondi, che era l’ emissario europeo del papa e quindi gli chiesi se fosse possibile ottenere un incontro a breve termine col pontefice. Ci riuscì, così mi precipitai a Vitorchiano a prelevare tutti i Pasquensi e con un paio di furgoni li portai in prima fila nella Sala Nervi del Vaticano, dove incontrammo finalmente papa Wojtyla. Il pontefice mi disse: "Ma io sono già stato in Cile in visita…" ed io replicai: "Si ma loro vivono sull’ Isola di Rapa Nui". Lui mi chiese: "Ma quanti sono lá?" Io risposi: "Circa duemila anime". Lui sorrise e strinse la mano a tutti. Il sabato seguente la statua era stata completata e la messa in onda fu perfetta. Nella stessa sera, gli scultori mi fecero fare una speciale cerimonia (detta del Pojo Blanco) che di fatto era la mia adozione nella famiglia Atan in segno di gratitudine. Infine il 2 Febbraio 1990 la statua fu posizionata nella piazza innanzi alle mura di Vitorchiano, con una tradizionale e speciale antica cerimonia.

Non avrebbe mai dovuto essere rimossa dalla propria sede, almeno così vuole la tradizione pasquense. Gli scultori tornarono all’ isola mentre Juan Atan si trattenne un po’ presso la famiglia Anselmi, dove scolpì alcuni piccoli Moai (ne ho ancora uno) e poi venne a salutarmi in Toscana, passando ancora qualche giorno con me. Decidemmo di fondare il Comitato Italia-Isola di Pasqua, che aveva come oggetto la restaurazione dei Moai in rovina sull’ Isola. Facemmo diversi viaggi all’isola e anche a Santiago del Cile, incontrando anche Patricio Aylwin Azócar (il primo presidente eletto democraticamente nell’ era post-Pinochet) e il nostro ambasciatore Italiano, oltre ad essere ospitati nella TV di stato cilena. Purtroppo non riuscimmo a portare a termine l’ impresa per via delle solite burocrazie Rai, facoltosi privati e quant’altro. Appena due settimane dopo la collocazione della statua, molti giornali dell’ epoca parlarono del Moai di Vitorchiano e talvolta menzionavano il mio nome insieme a quello di Damato. Poi negli anni la cosa, come sapete si è persa, anche perché io mi sono occupato di dirigere documentari e serie TV viaggiando per il mondo".