9IPIETRO GAIETTO (1937-2019)

INTERVISTA ALLA MOGLIE LICIA FILINGERI

(a cura di M. Uberti)

Siamo molto lieti di ospitare sulle nostre pagine questa intervista, gentilmente concessaci in forma amichevole dalla d.ssa Licia Filingeri (psicologa), volta alla conoscenza di un ricercatore indipendente genovese scomparso da poco tempo: Pietro Gaietto. Lei ne è stata la compagna di una vita, condividendone passioni, interessi, studi approfonditi e sta attualmente curando le traduzioni in lingua inglese dei libri di suo marito. La figura di questo seguace della conoscenza,  assetato di curiosità e sapere, ci assomiglia. Ci appare significativo valorizzarla, in una società che tende a ridurre la cultura in “formato quiz” ovvero a ritenere che, sapendo qualcosa, si sappia tutto! E’ sufficiente interrogare Internet e la risposta è spesso sfornata in pochi secondi. Purtroppo questa concezione superficiale del sapere rende molte persone indolenti verso lo studio approfondito, che costa fatica sia sul campo che a livello di indagine archivistico-letteraria (nonchè comparativa). Crediamo che il buon ricercatore debba integrare entrambi e debba usare il mezzo informatico come indispensabile strumento ausiliario di ricerca ma non primario (mentre è senz’altro un potente mezzo di divulgazione). Gaietto appartiene ad una generazione che non ha cominciato a fare ricerca tramite la rete poiché internet non esisteva. Come e quando è cominciata, quindi, la sua intensa passione? Ce lo facciamo rivelare dalla persona che lo ha meglio conosciuto e che ha strettamente collaborato con lui. Abbiamo intercalato al testo alcune immagini che la d.ssa Filingeri ci ha gentilmente messo a disposizione, traendole dall'album dei ricordi di famiglia; la legenda è in fondo all'intervista.

 

D.: Gentilissima Licia Filingeri, cominciamo questo viaggio alla scoperta della figura e dell’opera di suo marito Pietro. Anzitutto una curiosità: quando vi siete conosciuti, lui aveva già avviato la sua ricerca o lei è stata, in qualche modo, la sua musa ispiratrice? Ha costituito una professione, per lui, o un interesse collaterale ad essa?

R.: Innanzi tutto desidero ringraziare Marisa Uberti per questa opportunità  che mi offre di far conoscere  meglio  Pietro Gaietto.

Ci siamo conosciuti nel giugno del 1975, in occasione di una sua esposizione al Centro Regionale Ligure d’Arte e Cultura Gruppo Acquasola di Genova dal titolo Arte dell’Uomo di Neanderthal e della più antica età della pietra, segnalatami con grande entusiasmo dal Prof. Edoardo Alfieri, scultore in marmo e bronzo, e docente presso l’Accademia di Belle Arti di Genova. Pietro già da molti anni faceva ricerca indipendente sull’arte litica ai suoi albori e aveva scritto importanti saggi sull’argomento, tra cui "L’Arte Vergine", presentata proprio  in occasione dell’inaugurazione della mostra.  In uno striscione affisso al muro si leggeva: ”L’uomo nell’antica età della pietra aveva arte e religione e non era solo un fabbricatore di strumenti come di norma si ritiene. L’uomo è una creatura completa”.

Quando ci siamo conosciuti, stava ideando un trattato sull’arte in pietra del Paleolitico, che sarebbe uscito nel 1982 presso l’editore E.R.G.A. di Genova col titolo Prescultura e scultura preistorica. In questo libro, la teoria enunciata nel 1968 e nel 1974 venne estesa, a seguito di ulteriori scoperte, in particolare per l’Europa, a tutte le civiltà preistoriche che dall’Asia e dall’Africa si erano avvicendate, con l’alternarsi delle condizioni climatiche nell’arco degli ultimi milioni di anni.

La ricerca non è mai stata per lui una professione, ma la passione della sua vita, insieme alla sperimentazione artistica, in cui si era precocemente affermato come scultore in ferro ottenendo numerosi riconoscimenti dalla critica.

D.: Se ci accingiamo a cercare con un motore di ricerca il nome di “Pietro Gaietto” troviamo la seguente definizione: “Ricercatore evoluzionista delle forme dell’arte e degli esseri viventi dalle origini, che si è posto come interesse precipuo la scultura del Paleolitico in correlazione all'evoluzione di Homo” (Linkedin). Una presentazione su se stesso molto particolare: potremmo definirlo un paleoantropologo, un archeologo, un artista o tutte queste cose insieme?

R.: Pietro aveva molti interessi, tutti approfonditi, che con la maturità e la ricerca senza soste era giunto a vedere e concettualizzare in una sintesi che avrebbe dovuto abbracciare l’intera meraviglia del creato. Purtroppo, non ha avuto il tempo di realizzare questo suo complesso progetto perché la morte lo ha colto ancora nel pieno della sua creatività. Aveva in progetto di sviluppare l’idea di uno stile biologico, uno stile idealizzato, che era ancora in fase di costruzione, realizzato in minima parte, ma veramente minima. “Il concetto di stile biologico”-scriveva nel 2016 nel suo Concettuario degli stili, Lulu.com-  “ è quello di mettere in relazione tutte le forme dell'arte figurativa (l'insieme degli stili dell'arte) con le forme degli altri esseri viventi del Regno animale e del Regno vegetale, in particolare con la bellezza dei fiori e delle piante. Il ritmo di evoluzione (trasformazione) degli stili (scultura, dipinto, disegno, ecc.) è stato molto veloce e, poiché si esamina sempre l'arte del passato in ogni sua fase (forma e quindi stile), s’intende fare riferimento a forme guida della natura, che non sono ancora state trovate, ma che, probabilmente, sarebbero da inventare, idealizzandole con dei modelli estratti dall'immensità degli esseri viventi (animali e vegetali) delle antiche ere.

L'uomo raffigurato nell'arte con aspetto naturale, come in una fotografia, rappresenta il punto di partenza della totalità delle trasformazioni (variazioni) degli stili antropomorfi, e di conseguenza anche di quelli ad essi associati in ogni opera: stili animali, vegetali, ambientali. Ogni stile attuale dell'arte sarebbe ridefinito attraverso modelli classificati della natura, interpretabili e descrivibili con leggi matematiche. Probabilmente i nomi degli stili biologici verrebbero realizzati con numeri e lettere, e sarebbero moltissimi, considerando l'enorme quantità di stili dell'arte nel tempo e nel mondo; per realizzare ciò, saranno necessarie la memoria e la selezione attraverso il computer. Infatti, ogni stile, nel corso della sua durata (esistenza), ha continue trasformazioni, che corrispondono alla presenza continua di stili sempre un poco diversi dallo stile (padre) da cui deriva. Lo stile biologico sarebbe lo stile che comprende tutta l'arte del presente e del passato; per la classificazione, si dovranno inventare, oltre ai numeri, anche nomi nuovi. Per esempio, due stili della scultura paleolitica (vedi: CROS) che ho definito e usato per decenni per la descrizione delle raffigurazioni della testa umana, e cioè lo stile allungato orizzontale e lo stile allungato verticale, possono con una certa facilità essere messi in relazione a forme del regno animale e vegetale. È probabile che lo stile biologico, qualora venisse realizzato, non sarebbe di alcuna utilità per gli studi sull'arte ma, a mio modo di vedere, sarebbe un gran bel risultato per la scienza, in quanto metterebbe un raggio di luce sulla comune vita spirituale dell'uomo e degli esseri viventi del regno animale e vegetale nella produzione di forme belle (stili naturali e stili artistici), anche se con funzioni completamente diverse, ma potrebbe anche aprire una finestra per indagare ulteriormente l'origine della formazione (spirituale) dello stile e quindi della bellezza”.

 

D.: Tra le attività di Pietro Gaietto vi è la fondazione e la direzione del “Museo delle Origini dell’Uomo” (https://www.museoorigini.it/), museo virtuale creato nel 1999. In quali circostanze nacque questa iniziativa e con quali obiettivi? Quanto tempo vi dedicava e quali sono stati i risultati di questa sua iniziativa?

 

R.: Dopo il I Congresso Internazionale sull’origine dell’arte (1985), fortemente voluto e organizzato da Pietro Gaietto a Eben-Ezer in provicia di Liegi nel Belgio orientale, che aveva dato l’occasione ai numerosi ricercatori europei di conoscersi e confrontarsi alla ricerca di un linguaggio comune, Pietro concepì l’idea di un grande museo che raccogliesse la scultura litica del Paleolitico inferiore, superiore e medio, non solo italiana, ma anche europea, comprendendo pure corredi funerari e reperti scheletrici degli uomini di ogni fase del Paleolitico, significativi per lo studio delle origini dell’Uomo e della sua evoluzione. Lo scopo era quello di dare una interpretazione alle sculture, ben consapevole della difficoltà di un discorso sulle origini, che tuttavia per lui aveva già una chiara connotazione evoluzionistica.

Questo suo pensiero si materalizzerà  in maniera più sistematica nel 2008 con la pubblicazione del trattato Filogenesi della Bellezza con cui dava inizio alla Collana “Evoluzione della Forma”, comprendente 15 volumi (tutti editi presso Lulu.com). L’obiettivo era mettere a disposizione la sua grande esperienza ai ricercatori di tutto il mondo, indicando attraverso la lettura del materiale esposto una serie di concetti basilari per avvicinarsi alla scultura paleolitica con un serio metodo di indagine. Come lui stesso scriveva nel 2000 (Gaietto, P., Il Museo delle Origini dell’Uomo, Genova, Italia https://www.paleolithicartmagazine.org/pagina126.html) le finalità del Museo erano molteplici:
“1) Fare conoscere la scultura del Paleolitico delle collezioni genovesi, per la promozione dello studio delle origini dell'arte.
2) Promuovere lo studio dei menhir antropomorfi e zoomorfi del Paleolitico.
3) Promuovere lo studio della scultura antropomorfa rupestre del Paleolitico.
4) Promuovere lo studio di differenti civiltà artistiche parallele nel Paleolitico, e in particolare nel Paleolitico superiore, dove, per esempio, quando in Francia o in Spagna si dipingevano animali in grotta, in Liguria si scolpivano teste umane sulle rupi, o in Bretagna si realizzavano menhir antropomorfi.
5) Promuovere la ricerca antropologica anche attraverso le sculture antropomorfe, che possono integrare la scarsità di reperti scheletrici in certi periodi del Paleolitico.
6) Promuovere lo studio delle religioni del Paleolitico attraverso la scultura.
7) Promuovere in antropologia lo studio della spiritualità, al pari dello studio dell'aspetto fisico dell'uomo”.

Pietro era molto accurato in qualsiasi sua iniziativa, e il Museo non è sfuggito a questa sua attenzione. Per quanto non ne curasse personalmente la parte di pubblicazione sul Web, affidata a me, la sua supervisione e i suoi consigli erano costanti, perchè non voleva che il suo pensiero fosse tradito sia pure in quello che ad alcuni poteva apparire solo un dettaglio.

Pietro ha sempre avuto una naturale propensione alla condivisione e all’insegnamento, e considerava fondamentale il dialogo, anche con apporti da un punto di vista trasversale, per portare avanti la ricerca attraverso il confronto delle idee.

I risultati sono andati nella direzione di un grande interesse dalle parti più disparate del mondo, ma senza quel dialogo che lui avrebbe auspicato.

Fig. 6

D.. Nel Paleolithic Art Magazine (www.paleolithicartmagazine.org) troviamo diversi articoli di suo marito e di altri autori, copertine dei suoi libri e ci ha colpito, in modo particolare, il “Catalogo della scultura paleolitica europea. Collezione Gaietto” (Lulu, 2012), che viene così descritto: Collezione di 222 sculture paleolitiche antropomorfe e zoomorfe di varie nazioni europee, classificate in 12 tipi e attribuite a un arco di tempo di circa due milioni di anni. L'idea di questo catalogo è nata a seguito di un'auspicata collocazione delle sculture nei musei di Archeologia preistorica delle regioni d'Italia, in cui sono state reperite. La suddivisione delle sculture in 12 tipi prodotti progressivamente nell'arco di due milioni di anni è utile allo studioso, in quanto permette di interpretare visivamente l'evoluzione delle specie umane raffigurate, della composizione delle sculture, dei tipi di lavorazione della pietra, della tipologia delle sculture (soggetti religiosi) e inoltre di apprezzare l'evoluzione dei tipi di deformazione degli stili (mode artistiche). Come si era formata questa originalissima collezione? Visitando direttamente i musei o attraverso la documentazione bibliografica?

R.: La visita minuziosa ai Musei che esponevano utensili e arte del Paleolitico è stata fondamentale nella sua formazione, e Pietro non si stancava di raccomandarla a chi iniziava a interessarsi dell’arte del Paleolitico, per documentarsi a fondo sulle culture e sulla tecnica di lavorazione della pietra delle singole regioni e culture, con maggiore enfasi su quelle per cui un ricercatore intraprendeva le proprie ricerche. Anche la bibliografia è stata costantemente fonte di studio da parte di Pietro, sia per apprendere dall’esperienza degli studiosi che lo avevano preceduto, che per aggiornarsi su nuove scoperte. Su questa base ha continuamente raffinato la personale formazione giungendo a mettere insieme, negli anni, una sua collezione, frutto di continue ricerche in Italia e in vari paesi d’Europa.

 

D.: L’anno seguente, nel 2013, diede alle stampe “Gli animali sacri nella scultura del Paleolitico Loro evoluzione nelle religioni protostoriche e storiche” (Lulu), in cui  esplora i più importanti animali sacri presenti nella scultura del Paleolitico in Europa, con particolare riferimento alla suddivisione in cinque tipologie e analizza l'evoluzione di tali sculture religiose nelle principali civiltà protostoriche e storiche. Può regalarci un ricordo di quel periodo? Com’era l’atmosfera domestica quando Pietro partoriva un nuovo libro? Leggiamo che lei è l’autrice di gran parte delle fotografie dei libri di suo marito, dunque era un parto condiviso, uno di quei casi in cui le idee individuali erano potenziate da quelle del partner.

R.: Il 2013 è stato un anno particolarmente intenso, il quanto, a completamento degli Animali sacri, Pietro scrisse l’Iconografia delle Religioni occidentali, ricco di immagini di sculture e pitture di divinità prevalentemente antropomorfe volte a mostrare una precisa linea evolutiva dal Paleolitico ai tempi attuali, confermandone l’origine nel Paleolitico e quindi avvalorando la sua ipotesi che l’uomo, fin dalle origini, ha cominciato a scolpire spinto da un’esigenza di tipo spirituale e con il preciso intento di creare immagini religiose. Pietro lavorava con molta concentrazione e senza sosta, sapendo che aveva ancora molte cose da dire e così, quell’anno, il mese di agosto fu tutto all’insegna della scrittura. Solo di sera si rilassava nel silenzio della notte che calava avvolgendo i boschi tutto intorno in un manto vellutato di silenzio. Da parte mia, durante il giorno, scegliendo le luci più favorevoli, passavo molte ore a fotografare le sculture che sarebbero state inserite nel libro, e quasi ogni pomeriggio almeno un’ora era dedicata alla revisione delle immagini che lui avrebbe approvato e scelto. Gli bastava un colpo d’occhio per decidere quale si e quale no, come un colpo d’occhio gli era sempre bastato per individuare tra le zolle di un campo appena arato quelle che poi, in una buona percentuale, si sarebbero rivelate sculture e non semplici pietre, magari appena sbozzate. Comunque, le sue idee erano sempre brillanti, ed era difficile che io potessi aggiungervi qualcosa di valido: lui era assolutamente padrone della sua materia, e io non ritenevo di potermi inserire nei suoi ragionamenti anche perché, quando ne venivo a conoscenza, erano già nella loro formulazione definitiva, perfetti e conclusi in sé. Intervenivo solo, a volte, per fargli notare che un passaggio era troppo sintetico, e che sarebbe stato opportuno chiarire di più il suo pensiero.

 

D.: Abbiamo constatato che la lista dei libri di Pietro Gaietto è veramente molto lunga e variegata ed è ripartita in ben tre pagine di vetrina sul suo spazio autore di Lulu (i lettori possono accedere da questa https://www.lulu.com/spotlight/evolutionworldandbeauty). Uno spazio che cura lei, Licia, per tenere viva la memoria di suo marito. I volumi sono quasi tutti tradotti anche in inglese: poderoso! Ci consenta di farle i complimenti per questa febbrile riorganizzazione del materiale di suo marito. Ha in previsione ulteriori progetti?

R.: Si, molti. Vorrei ribadire alcuni concetti espressi da Pietro che sono ancora estranei alla comunità scientifica, mettere in luce quelli che secondo me sono i punti di forza della sua ricerca, portare a termine la traduzione di altri libri della collana evoluzionistica, apparentemente a latere, ma sempre costruiti su un solido impianto di teoria, i cui diversi anelli sono tutti concatenati. Mi piacerebbe rimettere in ordine i siti del Museo e del Magazine, e farli tradurre in un buon inglese, e non in quello francamente terribile e spesso incomprensibile della Licia di anni fa, che tutto osava spinta dall’urgenza di far conoscere il più possibile  le idee di Gaietto. C’è anche un libro che Pietro aveva iniziato e che mi piacerebbe portare a termine, basandomi in gran parte sui suoi scarni appunti. E infine, vorrei che le sue collezioni trovassero una degna sistemazione in qualche Museo, alfine di divenire accessibili a future generazioni di studiosi dell’arte paleolitica.

 

D.:  Dobbiamo constatare che Pietro auto-produceva i suoi libri: era una scelta personale (che condividiamo poiché consente completa libertà) o subordinata alla difficoltà di trovare editori disposti a pubblicare quegli argomenti?

R.: Pietro non ha mai cercato editori, volendo scrivere, come lei arguisce, in completa autonomia e libertà. Anche il suo essere fuori dai circuiti accademici è stata in fondo una grossa opportunità, perché gli ha consentito di seguire un suo percorso senza alcuna ingerenza esterna di nessun tipo, in assoluta indipendenza. Questo non significa che, nel suo lavoro, lui non si confrontasse con quanto gli appartenenti a Istituti universitari o a Centri di ricerca andavano producendo.

 

D.: Aveva delle aspettative e si sentiva soddisfatto o riteneva che i suoi studi non fossero adeguatamente compresi dalla comunità degli studiosi? La domanda si riallaccia ad un’altra curiosità: che rapporti ha avuto con l’accademismo?

 

R.: Pietro non aveva aspettative: quelle che aveva nutrito da giovane si erano rivelate solo possibilità astratte, e credo che avesse ben presto compreso che il dialogo con la comunità degli studiosi sarebbe stato sempre difficile, spesso impossibile. Il mondo dell’Accademia lo ha spesso ignorato, come in tutti i tempi si cerca di ignorare il “diverso da noi”, per paura di essere coinvolti in una relazione che potrebbe mettere in crisi o in discussione valori ormai consolidati e socialmente condivisi, che contribuiscono alla coesione di qualsiasi gruppo e ne costituiscono la forza e il potere. Tuttavia, non l’ho mai sentito esprimersi dispregiativamente nei confronti dei suoi colleghi delle Istituzioni: Pietro era uomo di tolleranza, pace ed  assoluto rispetto per l’altro.

 

D.: Quale ritiene sia stata l’opera che ha maggiormente rappresentato l’intero studio di suo marito?

R.: Non c’è a mio parere un’opera singola che lo rappresenti maggiormente, ma un corpus di scritti ben articolato in cui il discorso sempre progredisce di un passo, a volte superando, spesso integrando, il discorso precedente. Tuttavia, mi piace qui ricordare il suo recentissimo Homorigine, Scienza e Arte preistorica, una nitida sintesi della sua ricerca  che, oltre ad essere un appassionato riconoscimento all’intelligenza dell’Uomo che fin dai primordi ha agito sulla cultura sia materiale che spirituale, traccia una strada per l’individuazione di tipi umani di cui non si sono ancora trovati reperti scheletrici, o di cui non si suppone neppure l’esistenza, attraverso la messa in relazione dei crani finora trovati con l’intera scultura litica antropomorfa paleolitica, deducendone considerazioni sull’evoluzione fisica dell’uomo. “Infatti, le diverse specie umane che sono seguite a Homo habilis possiedono tutte un profilo della testa differente tra una specie e un'altra, mentre si rilevano affinità tra certi crani e teste umane scolpite nella pietra di stesse fasi culturali paleolitiche” (Introduzione a Gaietto, P., Homorigine, 2017, Lulu.com).

 

D.: Attraverso questa intervista abbiamo capito una cosa: che l’attività di Pietro Gaietto è stata immensa ed è impossibile da illustrare in una serie di risposte. Tuttavia abbiamo voluto gettare un sassolino in quell’oceano di ricerche che sua moglie prodigalmente mantiene vive e disponibili per chi voglia conoscerle e/o approfondirle. Pietro ne sarebbe stato fiero perché, tra le altre cose, credeva nella condivisione e nel coinvolgimento di altri ricercatori. A tal scopo ricordiamo quello che può essere considerato il suo primo manuale, intitolato “Scultura antropomorfa paleolitica” (Lulu, 2016). Vuole aggiungere qualcosa in merito, Licia?

R.: Si. Molte immagini di questo libro scandiscono momenti importanti della mia vicenda con Pietro. Ma tra tutte vorrei ricordare due foto di sculture monolitiche di Carnac, in Bretagna. Le ho scattate io, la prima volta che siamo stati insieme a Carnac. Era l’agosto del 1976. Eravamo marito e moglie da poche settimane. Dopo aver attraversato tutta la Francia a bordo della mitica Renault rossa che ci avrebbe accompagnato fino alla nascita di nostro figlio Giulio e che ad ogni viaggio si sarebbe riempita di sculture litiche, giungemmo infine a Carnac.  Era una notte limpidissima di luna piena,  Pietro mi aveva già parlato di quelle che lui considerava vere e proprie sculture in un luogo sacro del Paleolitico, e quando scendemmo in mezzo ai grandi menhir, in quella calda notte di piena estate, e Pietro mi portò davanti a quelle enormi sculture in pietra, mi trovai di colpo immersa con stupore e sbigottimento in un mondo maestoso e palpitante di vita che si rivelava e si apriva inaspettatamente a me in tutta la sua bellezza e ricchezza alla luce azzurro-argentea della luna. Mi sentii in un attimo tornare indietro in un tempo in cui l’essere umano osava manifestarsi in tutta la sua potenza e pienezza, pervaso del sentimento del sacro. Sensazione che in seguito provai ancora, sebbene meno intensamente della prima volta, in occasione dei nostri viaggi a Carnac.

 

Dopo questa splendida ed evocativa testimonianza salutiamo e ringraziamo vivamente la d.ssa Licia Filingeri per la disponibilità e cortesia.

 

 

LEGENDA IMMAGINI:

1. 1979, Pietro Gaietto con una scultura paleolitica da lui stesso ritrovata. In quegli anni fondò la Preistoriteca di Genova, volta a far conoscere l’industria e l’arte del Paleolitico agli studenti delle Scuole Medie

2. 1959, Genova Teatro del Falcone. Inaugurazione Mostra Regionale di Arte Figurativa in cui Pietro espose una sua scultura in ferro saldato del periodo del Movimento Spaziale, vincendo il premio del Comune di Genova. Nella foto, da destra a sinistra,  Pietro Gaietto con i noti artisti genovesi Attilio Carreri, Aurelio Caminati e Arnaldo Esposto

3. 1996, Catalogo della  mostra Pietro Gaietto cinquanta sculture a Rapallo sui Cantos di Ezra Pound

4. 1960, ritrovamento di una scultura antropomorfa nel Bosco di Acquabianca di Tiglieto (Savona), da parte di Gaietto ventitreenne

5. Copertina del I volume della collana scientifica "Evoluzione della forma", pubblicato da Pietro Gaietto nel 2008. La serie comprende 15 volumi

6. 1977 Biennale di Venezia, Gaietto e la moglie Licia di ritorno da uno dei loro viaggi a Carnac: il lato scherzoso e allegro di  Pietro

7. 1997 con il fraterno amico Wayne Pound, all’epoca professore di letteratura americana all'università di Tokyo e appassionato di Preistoria, all’inaugurazione di una mostra sulla scultura del Paleolitico presso il Centro culturale Città di Colombo fondato e diretto da Pietro, che per molti anni ha ospitato manifestazioni e mostre artistiche costituendo un punto di incontro e riferimento non solo genovese per artisti, intellettuali e appassionati di arte e cultura

8. 2002, in vacanza a Roma davanti alla Bocca della Verità

9. 1975, lo studioso durante una conferenza sulla scultura del Paleolitico Inferiore medio presso il Museo di Storia Naturale Giacomo Doria di Genova

10. 2014 in agosto, mentre lavora al Concettuario degli stili nella casa sull’Appennino ligure

11. 2014, Pietro immerso nel verde del suo buen retiro, in cui sono nate le sue opere più importanti

12. 1976, primo viaggio di Pietro e Licia insieme a Carnac: un dolmen

 

(intervista curata da Marisa Uberti; pubblicata il 4/03/2020. Testo e foto non possono essere copiati e/o riprodotti senza autorizzazione