Il Castello di Marne (BG)

(a cura di duepassinelmistero)

 

Il castello di Marne è una splendida dimora che sorge in un’oasi verdeggiante, a strapiombo sul torrente Dordo da due lati e sul fiume Brembo dall'altro. A quando risale? Chi la costruì? La prima domanda è ancora un mistero perché, se ci affacciamo e osserviamo la parte inferiore del maniero, notiamo un grosso pilastro circolare tra le rocce, che potrebbe addirittura risalire al periodo romano, come vedremo.

Per trovare dati documentati bisogna arrivare al 1350 quando Marne apparteneva al vescovo di Bergamo, che lo concessE in feudo alla famiglia Avogadri, la quale costruì una dimora sia fortificata che residenziale. Vi si trasferì infatti  con la propria corte e le proprie truppe. Era una casata di parte Guelfa  (filo-papale) e in quel periodo imperversavano le lotte tra Guelfi e Ghibellini (filo-imperiali). Infatti  poco dopo essersi insediati, nel 1398 il castello fu preso di mira dal duca ghibellino  Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano e a Marco Avogadri, allora castellano di Marne, non rimase altro da fare che consegnare il maniero al duca. Ne seguì un periodo turbolento perchè la morte improvvisa del Visconti aprì una lotta tra i suoi figli per la successione e, come non bastasse, subentrò anche Venezia nelle aspre lotte per il possesso della zona.  La guerra durò trent’anni, concludendosi nel 1428 con la spartizione dei territori : da quel momento Marne entrò nell’orbita della Repubblica Veneta, la quale concesse agli Avogadri di ritornare nel castello e ripararlo nelle porzioni che erano state danneggiate o distrutte dai Milanesi.

Nel 1429 la famiglia riprese quindi possesso del maniero ma a questo punto si apre un buco cronologico fino al 1705! Per ora non sono infatti  stati trovati documenti che possano fare luce sulla vita del castello in quei tre secoli circa. Nel 1705 il fortilizio tornò alla ribalta nei documenti in un momento storico preciso, la Guerra Successione Spagnola. Un esercito tedesco arrivò fin sotto le mura di Marne; non era guerra di occupazione ma la soldataglia era interessata a saccheggiare il maniero che, a quel tempo, era abitato da Fermo Avogadri. Egli fu talmente spaventato dall’arrivo dei soldati che scappò, di notte e seminudo,  dal dirupo che conduce dal castello al fiume Brembo. Lì risalì il corso d’acqua per circa 7-8 chilometri fino a raggiungere il paese di Ponte San Pietro, dove trovò accoglienza presso una famiglia amica. Si trattò di un allontanamento di pochi giorni perché i soldati tedeschi abbandonarono Marne nel giro di 2-3 giorni. Fermo Avogadri rientrò pertanto nel castello.

Questo è ciò che narrano le cronache e un’altra data importantissima è il 1820, quando la famiglia Avogadri decise di vendere la dimora ad una nobile famiglia bergamasca, i Piatti-Donati. Costoro non vi abitarono stabilmente ma trasformarono il castello in una casa di campagna, dove trascorrere pochi periodi all’anno, tenendolo quasi come un cascinale. Un discendente della famiglia Piatti-Donati, Marino Colleoni, alla fine del 1800 ereditò il complesso e decise di farne una residenza per le vacanze. Data all’anno 1900 una serie di lavori di restauro e abbellimento commissionati dal Colleoni (ch sosteneva di avere una parentela con il condottiero Bartolomeo Colleoni, tra l’altro). Le opere intraprese da Marino alterarono profondamente la struttura originaria del castello

Appartiene ancora ai discendenti della famiglia di Marino Colleoni che dal 1986 fino a tutt’oggi lo hanno dato in gestione alla famiglia Acquaroli, che lo ha adibito a prestigiosa location per matrimoni ed eventi.

Osservando la scenografica facciata esterna che si presenta davanti a noi, noteremo il ponte di accesso che è in muratura ma attenzione: è opera moderna (primi 1900) perché in origine non esisteva. Prima che venisse costruito il passaggio vi erano delle assi di legno lunghe circa 4 metri; sono ancora visibili delle scanalature verticali chiamate bolzoni, sulla torre principale, che permettevano di alzare e abbassare il ponte levatoio ligneo. E diamo meglio un’occhiata a questa possente torre, che presenta una merlatura alla ghibellina: ma come mai, se i proprietari Avogadri erano Guelfi, si è detto? E’ un abbellimento voluto da Marino Colleoni, sempre lui: egli – nel suo progetto di castello – pensò più ad un edificio che gli piacesse, ad una sua idea di castello medievale, anziché a rispecchiarne la storia[i]. La merlatura alla ghibellina è quindi un rifacimento di inizio XX secolo e anche la Torre non è tutta originale del 1350 (ne vediamo le parti in cemento e in cotto). La parte più aderente a ciò che doveva essere il maniero nel medioevo la vediamo nel torrione della parte Sud-Ovest, dove il materiale è pietra, sassi del fiume Brembo, del torrente Dordo e qualche scheggia  di cotto. Dobbiamo immaginarla senza copertura e con merlatura alla guelfa, però.

La trifora e la bifora del torrione sono sempre opera di Marino Colleoni mentre la piccola finestrella più in basso è originale. Le finestre che si aprono, copiose, sulla facciata, sia a destra che a sinistra, non sono originali ma se guardiamo la loro forma, noteremo che hanno forme diverse, essendo figlie di periodi diversi. Verso la parte Nord il castello curva, seguendo lo sperone di roccia di puddinga su cui poggia; strepitosa la torretta esagonale che, ormai possiamo già immaginarlo, non è medievale ma voluta da Marino Colleoni, così come volle la grande ed elegante finestra a bifora, sormontata dallo stemma del committente, che volle in questo modo firmare la propria opera.

Siamo pronti per entrare nell’androne del Castello che, in realtà, è un doppio androne con volta a botte, diviso da una cancellata moderna; un tempo, probabilmente, qui doveva esservi una saracinesca  a ghigliottina, costituente una seconda difesa qualora la prima fosse stata violata. Dietro una porticina c’era la stanza della guardia, dove si ritrovavano i soldati che erano di turno nel castello. Gli stemmi esposti lungo le pareti dell’androne appartengono a famiglie nobili bergamasche ma non si sa esattamente perché siano stati raccolti qui e non si conosce nemmeno precisamente a quali famiglie corrispondano. Forse erano famiglie imparentate con gli Avogadri ma, cosa curiosa, manca proprio lo stemma degli Avogadri stessi!

Prima di uscire nel cortile e nel parco, notiamo un paracarro che reca incisa, in caratteri poco visibili purtroppo, la data 1681, data che ha segnato la fine di alcuni lavori di ristrutturazione del castello.

Il cortile apre lo sguardo sul magnifico parterre; la location, come abbiamo detto, ospita matrimoni ed è molto ben tenuta. Lo scopo del maniero nel medioevo era però quello di essere funzionale e non avremmo visto nulla di tutto ciò:  terra battuta, pozzanghere, ma c’era un pozzo (esistente), che doveva garantire approvvigionamento idrico specialmente in caso di assedio prolungato.  Da questa posizione è più agevole osservare la pianta a L dell’edificio: sostanzialmente i due corpi di fabbrica si trovano a Nord e a Ovest. Ma dal cortile possiamo osservare il lato Est, difeso dal fiume Brembo. Un piccolo balconcino preceduto da due statue allegoriche settecentesche (nani caricaturali) consente l’affaccio sul corso d’acqua.

In epoca medievale un alto muraglione impediva questa vista, ed era quasi impossibile pertanto che da questo lato il maniero venisse attaccato, anche perché il fiume ha scavato una profonda vallata. Non ci sarebbe stato bisogno, in realtà, di avere una muraglia su questo lato orientale ma siccome tutto il castello era circondato da mura merlate alla guelfa, sembra che per un puro gusto estetico si sia voluto metterle anche qui. Quando Marino Colleoni, sempre lui, divenne proprietario, decise di abbassare le mura del lato est, di creare un piccolo muretto che vediamo attualmente e il grazioso balconcino. L’edificio del lato est è andato completamente bruciato in un incendio  degli anni recenti ed è stato totalmente ricostruito.

All’interno le trasformazioni sono palesi, vista anche l’attuale destinazione d’uso.

Fino a pochissimi anni fa, questo stemma raffigurante un Leone rampante si trovava appeso sul torrione principale, è stato portato all’interno per preservarne il furto ma soprattutto per preservarlo al meglio, in quanto è consunto. E’ uno stemma importante perché da sempre presente nel castello e la cosa sorprendente è che è stato datato a prima dell’anno Mille. Ma com’è possibile, se il maniero prese vita nel 1350? Molto probabilmente esisteva già prima un fortilizio, un castello intermedio –per così dire- tra il castello trecentesco e quello romano. Ma a chi appartenne quello stemma?

Le stanze al piano terra sono generalmente attualmente usate per i matrimoni; sono state ricostruite così come apparivano prima dell’incendio del 2010 ma cambiandovi la tonalità, non più i colori che aveva dato Marino Colleoni ma quello che dovevano avere nel medioevo.

Salendo al I piano e ci troviamo sul lato nord, dove vi erano le stanze di residenza di Marino Colleoni e della sua famiglia; era sposato con Erminia Crespi, esponente della famiglia di industriali di Crespi d’Adda. I mobili d’epoca che Marino aveva acquistato da vari palazzi della bergamasca sono andati in parte dispersi e qualcosa è rimasto qui.

Vi erano le cucine e locali di servizio e dalle cucine si poteva scendere al piano inferiore dove si conservavano i cibi, in ambienti freschi.

Nel Medioevo non esistevano cantine ma celle di prigionia. E qui si apre una parte di storia affascinante perché proprio dalla zona ipogea partiva un cunicolo che, secondo la leggenda popolare, andava in diverse direzioni, cioè esiste più di una leggenda. Molti sostengono che il tunnel sotterraneo andasse dal castello di Marne al vicino castello di Grignano, oggi scomparso. Attualmente Grignano è una frazione di Brembate Sotto e la distanza è di circa un chilometro dal castello di Marne. Dal castello di Grignano, sempre secondo la leggenda, sarebbero partiti altri cunicoli che lo collegassero al castello di Solza (dove nacque Bartolomeo Colleoni); altre versioni dicono che dal castello di Grignano si arrivasse al castello visconteo di Trezzo d’Adda, Dal castello di Solza partivano poi altri tunnel che giungevano al castello di Baccanello . Che una simile rete sotterranea sia esistita o esista non è stato provato ma le leggende nascondo sempre un fondo di verità… A Marne esisteva davvero un tunnel sotterraneo che altro non era, probabilmente, che una via di fuga che portava al letto del torrente Dordo o al letto del fiume Brembo. Siamo certi che esista perché Marino Colleoni lo visitò, questo tunnel e dopo averlo fatto diede immediatamente ordine di murarlo perché –a suo dire- fece al suo interno dei macabri ritrovamenti. Che cosa vide Marino? Forse ossa umane…Il tunnel venne murato e ancora oggi non sappiamo esattamente il punto esatto dal quale partisse il passaggio segreto.

Molto si è favoleggiato sul passaggio di Bartolomeo Colleoni dal castello e si riteneva infondato; poco tempo fa è però stata fatta una scoperta: nella scarpata che conduce dal cortile al letto del Brembo (sotto le scuderie) è stata trovata una piccola grotta naturale con all’interno dei resti di un’antica zecca e delle monete d’oro risalenti proprio al periodo di Bartolomeo Colleoni, che oggi si trovano nel Museo Archeologico di Bergamo. Questo ha fatto ipotizzare che, pur non essendo mai stato proprietario del maniero, Bartolomeo Colleoni lo abbia visitato (forse ospitato dagli Avogadri, suoi amici), ed avesse avviato una piccola zecca per produrre monete che gli sarebbero state utili per pagare i soldati al suo servizio.

Al  piano superiore del Castello vi erano le stanze degli ospiti: il maniero fu meta di soggiorno di alcuni importanti personaggi, come Gaetano Donizetti ad esempio.

Una leggenda riguarda i Santi Fermo e Rustico, che qui avrebbero trascorso una notte. I due, infatti, sarebbero stati trasportati da Milano a Verona (dove sarebbero stati martirizzati) e avrebbero passato una notte nelle celle del fortilizio. Sorge però una questione: i due martiri vissero nel IV secolo d.C. circa. Come potevano essere imprigionati nelle segrete, se il castello nacque nel 1350? Ecco quindi che si torna alla questione di un castello già esistente in epoca romana.

Un’altra leggenda racconta di una giovane donna di nome Adelasia, figlia del castellano  di Marne; costui, particolarmente severo, non voleva che la donzella uscisse dalle mura e vi dovesse rimanere tutta la vita. Allorchè un gruppo di cavalieri, sfruttando i tunnel sotterranei, si sarebbe introdotto nel maniero e avrebbe liberato la fanciulla.

Alla seconda metà del 1800 risale un’ennesima leggenda, tramandata dalla custode del castello. Era sera, stava rientrando e si trovava di fronte all’ingresso del maniero, tenendo in mano una lampada a olio, quando vide una figura, una persona immobile, incappucciata, vestita di nero, che se ne stava davanti al portone. La donna cercò di entrare in fretta e furia dal portone, cercando di ignorare la sinistra figura ma una volta entrata, prima di richiudere dietro di sé il portale, cercò di illuminare il volto dell’uomo con la lampada e notò che egli era vestito come un personaggio dei secoli passati (1500) ma quel che è peggio il volto era un teschio e le mani scheletriche! La signora giurò fino alla morte di avere visto ciò che aveva raccontato, senza mai ricredersi!

Dalla finestra vediamo la sagoma della chiesa di San Bartolomeo, risalente al Medioevo ma rimaneggiata. Terminata la visita al maniero, la guida ci accompagna a vedere la struttura chiesastica esternamente. La parte absidale è l’unica porzione giunta a noi nello stile romanico (metà del 1100). Sappiamo dai documenti che rispondeva alla chiesa di Pontida, dal punto di vista ecclesiastico. Ha un’ubicazione un po’ particolare  che potrebbe avere qualche legame con il Castello di Marne, che si vede molto bene dal sagrato? Probabilmente si, anzi sembra che sia nata come Cappella Gentilizia, ad uso dei nobili e dei castellani. Soltanto successivamente sarebbe stata aperta alla popolazione. Leggenda racconta che chiesa e castello fossero collegati tramite il “solito” passaggio sotterraneo o tramite una strada fortificata, ipotesi più verosimile. Tra l’altro la strada sarebbe quella che ancora oggi si percorre.  Ma la chiesa è del 1130, il castello del 1350: ecco un’altra discrepanza cronologica che deve fare riflettere sulla possibile esistenza di un maniero precedente. Quindi la Cappella avrebbe servito i proprietari di un castello intermedio, di cui abbiamo già detto, cronologicamente da collocarsi tra quello romano e quello degli Avogadri.  Un castello che potrebbe essere sorto in epoca longobarda e rimaneggiato intorno all’XI-XII secolo. Gli Avogadri avrebbero quindi trovato già un castello (o i suoi ruderi), che avrebbero provveduto ad adattare alle proprie esigenze e contingenze, come feudatari del vescovo di Bergamo.

L’asse di orientamento dell’edificio è sull’asse E-O, con abside a oriente. Sono stati riscontrati dei fenomeni astronomici all’interno della chiesa che si verificano ai Solstizi (il sole entra dalle monofore dell’abside e va ad illuminare il centro dell’altare). Il campanile della chiesa è del 1500, quando l’edificio subì una grande trasformazione e ampliamento. Nel 1700 subì un ennesimo rimaneggiamento e poi tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo fu trasformata nelle forme sostanzialmente attuali (venne consacrata dal vescovo di Bergamo che aveva accanto un giovane chierico, Angelo Roncalli, che sarebbe divenuto papa Giovanni XXIII).

 

  • Questo articolo è stato inserito il 06/11/2019; testo e immagini non possono essere prelevati senza autorizzazione e citazione della fonte.
  • Il portale ufficiale del Castello è: https://www.acquaroli.it/location-matrimoni/castello-di-marne
  • Le notizie presentate in questo articolo sono state raccolte durante la nostra visita in loco e in precedenti sopralluoghi

 


[i] Nel periodo in cui Marino Colleoni visse era in auge una corrente chiamata Romanticismo, in cui il gusto dell’antico era diffuso. Ci si era fatti un’idea di come dovessero essere i castelli medievali. Non è raro trovare, nei giardini di ville e palazzi specialmente, delle vestigia “anticate”, finti ruderi, statue per ricreare un clima “antico